In treno con l'assassino by Alexandra Benedict

In treno con l'assassino by Alexandra Benedict

autore:Alexandra Benedict [Benedict, Alexandra]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2023-09-19T10:45:43+00:00


Ventisette

«Che ci facciamo qui?», disse Grant a Beefy che lo spingeva in una delle cabine lasciate libere dai passeggeri scesi a Edimburgo. «Hai detto che volevi farmi vedere una cosa prima che la scoprisse la stampa».

«Più che altro devo dirti una cosa», disse Roz.

Craig entrò nella cabina. Aveva il viso arrossato dopo essere stato fuori al freddo, le orecchie di un disarmante rosso scuro. I capelli sale e pepe erano spruzzati di neve.

«Hai avuto fortuna?», chiese Roz a Craig, sottovoce, fermandosi un istante sulla soglia. Anche se probabilmente “fortuna” non era la parola più adatta.

«Difficile a dirsi. Potrebbero esserci delle impronte di stivali sotto il finestrino, ma la neve è troppo alta per esserne certi».

«Possiamo sbrigarci un po’ con questa faccenda, di qualunque cosa si tratti?», disse Grant. «Voglio fare colazione».

«Io aspetto qui fuori», disse Beefy, uscendo in corridoio e chiudendoli dentro.

«Forse dovresti sederti», disse Roz. E sentì la propria voce scattare in modalità “brutte notizie”: una combinazione di calma, rispetto e fermezza.

«Preferisco stare in piedi, grazie». Grant tirò fuori la sigaretta elettronica e cominciò ad aspirare a tutto spiano. Il vapore riempì subito la cabina. «Riguarda qualcosa che è successo ieri sera?»

«Perché, cosa è successo, esattamente?», gli chiese Roz.

«Non fare la finta tonta. Dimmi quanto volete, tu e l’omaccione fuori in corridoio, così la chiudiamo qui e posso tornare a mangiare la mia pannocchia col bacon. Okay?». E fece un altro tiro.

«Solo per assicurarmi di aver capito bene: stai cercando di corromperci?», gli chiese Roz.

Grant guardò lei, poi Craig, e infine strinse gli occhi come per valutarli meglio. «Perché sono qui?»

«Purtroppo devo darti una cattiva notizia». E Roz gli indicò nuovamente il letto. «Meg è morta».

«Non capisco. Cosa vuol dire, “morta”?»

«Temo che la tua fidanzata sia deceduta», disse Craig. Con un tono pieno di solidarietà.

Grant si lasciò cadere sul letto e ne afferrò i bordi come per dare equilibrio alla mente e al corpo scosso dai brividi. Stava diventando sempre più pallido. La bocca si mosse, ma non ne uscì alcun suono. Non tirò più nemmeno una boccata dalla sigaretta elettronica.

Ma lo shock non significa di per sé che uno sia innocente. Roz aveva visto delle persone sinceramente stupite nell’apprendere che la persona che avevano ammazzato era morta davvero. Soprattutto nei casi di violenza domestica. Un tempo li definivano “crimini passionali”, e anzi in alcuni Paesi si chiamano ancora così. Si tende a pensare che avvengano in una sorta di foschia provocata dalla rabbia: la nebbia scende a confondere ogni cosa, il lobo frontale, che è la parte più sviluppata del nostro cervello, viene lasciato in un angolo a rimuginare mentre l’amigdala, la parte preposta alla gestione delle emozioni, si impadronisce dell’assassino. Poi, quando il lobo frontale torna nella cabina di pilotaggio, il soggetto non riesce a capire cosa sia successo.

«Non può essere morta». E Grant guardò fuori dal finestrino, come se il Beinn Dòrain potesse dargli le risposte che Roz ancora non aveva.

«È nella nostra cabina?». Stava sbattendo le palpebre come per visualizzarla con dentro Meg, morta. Roz annuì, e lui disse: «Devo vederla».



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